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Qual è il significato più pratico dell’espressione ‘migliore accesso alla giustizia’?
Si tratta di un nuovo corso nel modo di gestire la giustizia, la quale non deve essere intesa come una prerogativa esclusiva delle aule dei tribunali, in mano soltanto ai giudici e agli avvocati, ma deve consentire una maggiore partecipazione delle persone direttamente coinvolte nel conflitto, al fine di raggiungere una soluzione mutualmente condivisa. Si vuole, quindi, consentire alle parti di poter ricorrere a strumenti operativi differenti rispetto all’approccio giudiziario, di percorrere strade alternative al giudizio, in un ambiente stragiudiziale, riservato, neutrale, con l’assistenza di un terzo professionista esperto nella gestione dei conflitti.
Cosa sono i verbali-accordo di conciliazione?
Con questa espressione di fa riferimento a quei documenti conclusivi di un procedimento di conciliazione, all’interno dei quali viene riportato in linea sommaria l’andamento dello stesso, la possibilità di addivenire o meno a una comune e condivisa soluzione negoziale, specificando, in caso di positiva riuscita del procedimento, i termini dell’accordo tra le parti. Tale prassi applicativa è generalmente adottata per consentire di poter rendere esecutivi i verbali di avvenuta conciliazione (con i relativi contenuti), nelle ipotesi in cui sia espressamente previsto ex lege la possibilità di farli valere come titolo esecutivo.
Quali sono le differenze principali tra procedimenti di informal justice (es. conciliazione) e procedimenti formalizzati (es. processo)?
I procedimenti di informal justice si caratterizzano per una certa semplicità operativa, per l’assenza di rigidità processuali, di termini e scadenze tipiche di un processo giudiziario, maggiormente formalizzato. Tale informalità consente alle parti direttamente coinvolte nel conflitto di poter agire nel rispetto di poche regole, ma anche di poter derogare a specifiche previsioni, prestando un apposito consenso in tal senso. Il terzo neutrale (di regola un conciliatore o un mediatore) può utilizzare questa maggiore informalità per gestire, fuori da schemi prefissati, ogni singolo procedimento nel modo più adeguato e appropriato possibile, adeguandosi alle reali esigenze, bisogni e interessi delle parti in conflitto.
In che modo si caratterizza la riservatezza interna a un procedimento di conciliazione?
Per riservatezza interna, si fa riferimento a quell’insieme di confidenze, dichiarazioni, valutazioni, pareri, opinioni, confessioni, informazioni che ogni parte fa al terzo conciliatore o mediatore durante incontri riservati che avvengono tra la prima e il secondo (i cd. caucuses), i quali non possono e non debbono essere riferiti all’altra parte dal conciliatore. È consentito a quest’ultimo, nel pieno rispetto della confidentiality, di traghettare le informazioni da una parte all’altra, soltanto in presenza di un apposito consenso manifestato in tal senso.
Come si manifesta l’obbligo di riservatezza esterna nei procedimenti di conciliazione e quali limiti può avere?
Come si manifesta l’obbligo di riservatezza esterna nei procedimenti di conciliazione e quali limiti può avere? All’interno di un procedimento di conciliazione o mediazione, tutto quanto è oggetto della negoziazione tra le parti e che può formare oggetto di appunti che il terzo conciliatore o mediatore prende per meglio aiutare le parti a gestire il proprio conflitto, deve restare riservato e non può uscire, né essere utilizzato al di fuori dal procedimento stesso. Specifici limiti all’ampiezza della riservatezza possono essere stabiliti dalle parti e dal conciliatore, ovvero sono rappresentati da casi piuttosto precisi (tutela dei minori, protezione della salute e dell’integrità fisica della persona, ragioni di ordine pubblico).
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